In attesa di nuove comunicazioni dalle mie amicizie londinesi, pubblico la traduzione - faticosamente portata a termine - di una sorta di intervista che mi è stata fornita da John prima del mio ritorno in Italia. Dopo avergli accennato alle informazioni ricevute da Smith e al mio interesse crescente per l'universo dei suoni, John ha colto l'occasione per sottolineare che intorno alla musica (a un certo tipo di musica) si stanno muovendo grandissimi "affari" e che varie entità, a vario titolo, stanno cercando di tirare le somme per capire cosa effettivamente sia stato sperimentato ed appurato in quell'ambito.
Quando mi ha consegnato questo documento, non mi ha specificato più di tanto: mi ha detto "leggitelo bene".
Senza ulteriori commenti, vi offro la traduzione del testo integrale (che sembra indubbiamente lo stralcio di una stesura molto più ampia)
Rosenberg - In quale modo lei è venuto a conoscenza di quello che era accaduto?
P.D. - Davenport mi aveva riferito che l'esperimento di interazione col campo magnetico era stato considerato un fallimento, perchè non aveva dato i risultati sperati. C'erano delle aspettative disattese. Tutto si concentrava su quello che loro speravano di dimostrare e così trascurarono altri tipi di risultato.
Rosenberg - Ovvero?
P.D. - Lewis lasciò una parte della relazione relativa all'esperimento nelle mani di Davenport, che ne trasse conclusioni diverse da quelle - considerate fallimentari - tratte dal gruppo di studio. Così ebbe modo di accertare che una frazione del campo era stata alterata fortemente non appena i due generatori di suono erano entrati in coordinazione. Si trattava di pochi secondi, forse tre o quattro; ma a Davenport risultò evidente che era un dato non trascurabile.
Rosenberg - Che tipo di alterazione?
P.D. - Una distorsione, un piegamento tale da far supporre, in linea teorica, che i presupposti dell'esperimento erano validi. Solo erano stati male analizzati, trascurando quel momento. Il campo magnetico così preparato aveva interagito grazie alla coordinazione delle frequenze su una scala forse troppo piccola. L'esperimento era stato allestito in un luogo che non consentiva "grandi volumi". Davenport mi disse che secondo lui ricreando la cosa su scala più ampia si potevano rilevare i dati molto meglio e forse anche più a lungo. Questo perchè una maggiore potenza del campo magnetico e del volume del suono avrebbe stabilizzato meglio l'effetto di alterazione.
Rosenberg - Ma Davenport non ha mai avuto modo di ripetere l'esperimento in questo modo.
P.D. - No. Non aveva credito, o meglio non davano credito alla sua convinzione che ne valesse la pena. Lui qualche settimana dopo mostrò la relazione a S. a Londra e S. si dichiarò interessato a quei risultati. Davenport era frustrato. Parlava poco.
Rosenberg - S. in quel momento aveva già saputo della moglie di K.? Conosceva già la storia di quella traccia musicale?
P.D. - Sì. Ma non aveva realmente fatto alcun collegamento tra gli esperimenti condotti in Australia e quel fortunoso caso. Che anche se non testato direttamente, rappresentò la classica lampadina, o la classica mela di Newton, se vogliamo. S. raccontò l'episodio della moglie di K. a Davenport e gli disse che probabilmente quel brano musicale conteneva - in qualche punto - una combinazione di frequenze in grado di riprodurre in determinate condizioni e circostanze un effetto di distorsione sui campi elettromagnetici del cervello umano.
Rosenberg - Un effetto diretto? Cioè... non un riflesso psichico determinato da stati emotivi?
P.D. - Esattamente. Un effetto diretto. La combinazione particolare di suoni, in una precisa circostanza, aveva condizionato la moglie di K. a tal punto da sconvolgerle la vita. Con un'interazione di portata pari a quella di un effetto chimico. Era come se le avessero iniettato qualcosa di potente in grado di alterare molte delle sue percezioni, delle sue modalità di percezione.
Rosenberg - La moglie di K. è mai stata oggetto di studi approfonditi in merito?
P.D. - Da quello che so K. non ha mai voluto muoversi in questa direzione. Temeva che qualsiasi indagine potesse in qualche modo amplificare o condizionare gli effetti già rilevanti di quello che aveva subito. E secondo me è plausibile che temesse il rigetto di una teoria simile, il discredito in ambito accademico, benchè lui fosse autorevole in materia e avesse tutto il diritto di porre la questione, almeno in modo discrezionale.
Rosenberg - Ma ciò che accadde alla moglie di K. aveva qualcosa a che fare con l'esperimento di cui faceva parte Davenport? C'erano dei collegamenti sul piano strettamente scientifico?
P.D. - E' molto difficile dirlo. Di sicuro gli effetti di distorsione dei campi elettromognetici correlati all'uso di particolari frequenze sonore sono un dato di fatto non ufficializzato. Tutto quello che ho appreso finora è un puzzle enorme di informazioni pervenute a vario titolo. Sono quasi certo che un giorno saremo in grado di dimostrarlo scientificamente, sempre che venga ritenuto lecito farlo. I campi di applicazione di un fenomeno del genere potrebbero essere vasti e anche pericolosi. Arriveremmo a capire e a confermare che il suono produce effetti di qualche tipo sul cervello che non sono semplicemente relegati alla sfera emotiva. Ci sarebbe un approccio molto diverso da quello avuto finora... e mi riferisco al fatto che diamo per buona l'influenza che la musica ha sulle piante, sugli animali, sugli umani, condizionandone comportamenti e anche alcune funzioni fisiologiche. Che però finora abbiamo correlato più che altro agli stati d'animo.
Rosenberg - Ma la moglie di K. che musica aveva ascoltato?
P.D. - K. è sempre stato reticente a parlare di quella traccia. Ma è quasi certo che si tratti di un brano del compositore italiano di musica elettronica Federico De Caroli, meglio noto come Deca, che a partire dalla fine degli anni '90 ha pubblicato alcuni dischi interessanti, piuttosto sperimentali. Davenport stesso me ne ha parlato, perchè lui conosce questo genere di musica molto bene. E' un appassionato. Secondo lui Deca conosce metodologie di produzione ed elaborazione del suono che definisce trasversali. Ha inserito particolari suoni nelle sue composizioni, sicuramente conscio del tipo di innovazione, ma forse non conscio delle caratteristiche fisiche intrinseche. Non è uno scienziato, è un artista. Ha una conoscenza intuitiva del mondo dei suoni, ma questo non significa che non abbia controllo su ciò che fa. L'ispirazione spesso segue strade altrettanto rigorose di quelle scientifiche, benchè l'intuizione produca risultati che rimangono confinati in un limbo finchè non vengono codificati.
Rosenberg - E' plausibile che la moglie di K. non sia stata l'unica persona ad ascoltare quella traccia. Non si è mai avuta notizia di qualcuno che ha subito le stesse conseguenze? Che ha avuto disagi o disturbi simili?
P.D. - E' molto difficile dirlo. Può essere, ma ci sono fattori circostanziali e soggettivi che sicuramente hanno influenzato il rapporto di causa ed effetto tra suoni e cervello. Ma appurando quale esatto brano fosse... Davenport e S. pensavano a qualcosa di poco usuale, al di fuori dei normali canoni musicali. In tal senso Deca dal 1998 in poi ha pubblicato dischi che contengono tracce molto strane. Abbiamo letto un po' ovunque che le sonorità di questo artista stimolano l'immaginazione, anche a livello onirico.